Marchio di colore

Come il turchese di Tiffany è diventato un marchio di colore.

Gianpaolo Todisco - Partner

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Nel corso degli anni, i tribunali di tutto il mondo hanno assistito a controversie aventi ad oggetto le più svariate rivendicazioni in materia di proprietà intellettuale. Tra le stesse rivestono e hanno rivestito particolare importanza quelle riguardanti le diverse tonalità di “colore”.

Diversi brand, come ad esempio T-Mobile (magenta) e UPS (marrone scuro), hanno registrato i propri colori a riprova della loro potenza nel fidelizzare i clienti e nel comunicare l'ethos di un'azienda.

Ad ogni modo, di tutte queste rivendicazioni cromaticamente orientate, è il gioielliere e rivenditore Tiffany & Co. che ha reso un'unica tonalità di blu sinonimo di lusso.

Nel 1837, Charles Lewis Tiffany e John B. Young aprirono il primo negozio Tiffany & Young a Lower Manhattan, proprio di fronte al City Hall Park.

Prima ancora che il marchio diventasse un importante fornitore di argento, il negozio si occupava della vendita di articoli di cancelleria ed altri prodotti di alta gamma e l'ormai iconico Blue Book, pubblicato per la prima volta nel 1845, presentava già una copertina blu che aveva una tonalità più verde rispetto a quella dell'uovo del pettirosso che oggi associamo al brand. Nel corso degli anni, fino a giungere al secolo successivo, il Blue Book variò di tonalità fino al 1966 circa, quando l'azienda adottò un colore vicino al Tiffany Blue.

E’ difficile individuare il momento esatto in cui il turchese sia iniziato ad essere associato all'azienda. Non si conosce nemmeno l’esatta ragione per cui i fondatori si siano accordati su quella particolare tonalità.

Tuttavia, si ha evidenza del fatto che già nel 1889, l'azienda avesse utilizzato il colore nell'Esposizione Universale di Parigi a dimostrazione del fatto che già a quell'epoca, anche in America, il turchese era una pietra preziosa.

Questa non è un’azione banale, anzi, la scatola blu "è molto probabilmente il contenitore di vendita al dettaglio più riconoscibile e più desiderato della storia". Charles Lewis, infatti, si è sempre rifiutato di vendere le scatole da sole sostenendo che quest’ultime fossero un vero e proprio simbolo - “non si può ricevere uno dei simboli più significativi dell'amore e dell'impegno senza la scatola di Tiffany”.

D’altronde, è con l’avvento del 1998 che Tiffany & Co. ha finalmente registrato il suo colore e il suo packaging e tre anni dopo, inoltre, il brand ha collaborato con Pantone per dare vita alla sua personale tonalità, la "1837 Blue", in memoria del suo anno di fondazione.

Uno dei punti forti di Tiffany è quello di non dover aggiornare le sue strategie di branding per mantenere il suo fascino. Come ha sottolineato Davey “Tiffany si trova in una posizione rara e invidiabile, in quanto i consumatori riconoscono il marchio semplicemente vedendo il colore, senza bisogno che vi sia un’altra brand identity”.

Nessun altro colore registrato è diventato così strettamente associato al suo marchio. Tiffany & Co. può dipingere qualsiasi cosa con il colore del suo marchio, dai sassi ai taxi alle vetrine, il suo significato risuonerà sempre!

IL MARCHIO DI COLORE PURPLE (RAIN).

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Pantone è una nota un'azienda statunitense che si occupa principalmente di tecnologie per la grafica, della catalogazione dei colori e della produzione del sistema di identificazione di questi ultimi.

Nell’agosto 2017 Pantone ha depositato un nuovo colore denominato “Purple One, Love Symbol #2” in omaggio allo scomparso Prince Rogers Nelson noto ai più come semplicemente “Prince” o il folletto di Minneapolis scomparso nel 2016 a soli 59 anni.

L’operazione di Pantone segue la riedizione restaurata del film Purple Rain la cui colonna sonora venne appunto composta da Prince nel 1984.

Dopo questi recenti avvenimenti, la Paisley Park Enterprises società che detiene i diritti di immagine di Prince ha depositato presso l’USPTO (l’ufficio brevetti e marchi statunitense) un marchio di colore consistente in una particolare tonalità di viola.

Forse non tutti sanno che tra i segni che possono costituire oggetto di registrazione come marchio, il Codice della Proprietà Industriale comprende anche le combinazioni o le tonalità cromatiche, ovviamente sull’imprescindibile presupposto che esse siano atte a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.

Del resto, i colori e le combinazioni cromatiche sono, oramai, sempre più utilizzati dalle imprese per identificare i propri prodotti nel mercato; non è un caso che spesso si faccia riferimento al “blu” Tiffany o al “rosso” brillante delle suole delle calzature Louboutin.

Giurisprudenza e dottrina maggioritarie tendono ad escludere la registrabilità dei colori c.d. puri o tonalità di colori in sé; principio affermato, peraltro, già nel 2003 dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, nel caso “Libertel” relativo all’utilizzo del colore arancione per servizi di telecomunicazioni.

Più recentemente il Tribunale di Milano ha sancito che la registrazione di un marchio di colore specifico può essere ammessa solo ove la stessa non restringa indebitamente la disponibilità di colori per gli altri soggetti che offrano prodotti o servizi del medesimo genere di quelli oggetto della domanda di registrazione.

Per quanto riguarda domanda di Prince, questa verrà esaminata dall’USPTO e poi pubblicato nella nel bollettino, dando così la possibilità ad altre parti che ritengono che saranno danneggiati dalla registrazione del marchio l'opportunità di opporvisi.