Fashion Law

UN ALTRO ROUND NEL SEGUITISSIMO CASO DELLE “METABIRKINS”

Lo scorso 30 settembre si è concluso un altro importante round nella battaglia che vede opposti la maison Hermès e l’artista statunitense Mason Rothschild, controversia che ha ad oggetto la collezione di immagini digitali raffiguranti borse Birkin ricoperte di finta pelliccia, appunto intitolata “MetaBirkins'", che Rothschild ha progettato e commercializzato vendendole sotto forma di NFT.

Il caso, promosso lo scorso gennaio dalla maison francese davanti al Tribunale di New York per tutelare i propri diritti di privativa sul celeberrimo modello di borse “Birkin” e, in genere, i propri diritti di proprietà industriale contro l’illecito sfruttamento degli stessi nel metaverso, è seguito con molta attenzione da tutti i giuristi che si occupano di proprietà intellettuale poiché costituisce un autentico leading case in materia, essendo incentrato sull’interferenza tra i diritti di marchio e gli NFT e sulla determinazione della misura in cui i primi si possano estendere nel mondo virtuale.

Nell'ordinanza pubblicata lo scorso 30 settembre, il giudice Jed Rakoff della Corte Distrettuale del Distretto Sud di New York ha rigettato l'appello proposto da Mason Rothschild contro una precedente decisione di maggio con in cui la medesima Corte aveva respinto la richiesta di Rothschild di rigettare l’accusa di Hermès di aver violato i propri diritti di marchio attraverso l’ormai famoso progetto “MetaBirkins”.

Al di là dei tecnicismi processuali e di quelli anche sostanziali connessi alla protezione garantita dal primo emendamento della carta costituzionale americana, reclamata da Mason Rothschild sostenendo la rilevanza artistica delle proprie opere, è importante notare come il giudice americano abbia rilevato che, al pari delle borse Birkin di Hermés, anche le “MetaBirkin” realizzate dall’artista siano comunque prodotti di grande valore. Infatti, i relativi NFT sono stati venduti per oltre un milione di dollari e ciò, secondo il giudice americano, costituirebbe ulteriore conferma della confusione generatasi nei consumatori e nei media i quali sono stati indotti a credere che Hermès fosse in qualche modo collegata alla linea di NFT realizzata da Rothschild o che comunque vi fosse una partnership tra di essi. Questo caso è uno dei sempre più numerosi che hanno ad oggetto il web3 (come ad esempio la causa promossa da Nike contro StockX) che sia i giuristi che i titolari di marchio stanno monitorando con particolare interesse ed attenzione e di cui si dovrà inevitabilmente tenere conto nell’elaborazione delle future strategie di protezione e di deposito dei marchi. Non a caso i brand più importanti e famosi, non solo quelli più noti nel mondo della moda ma anche in altri settori, ultimamente si stanno affrettano a depositare nuove domande di marchio per il loro utilizzo nel metaverso come NFT o altri beni virtuali. Ciò anche a fronte del sempre più crescente interesse mostrato dai consumatori verso le esperienze digitali.

E’ quindi sempre più fondamentale, sia per gli operatori del mondo giuridico che per tutti coloro che mirano a espandersi nel mondo virtuale, comprendere i nuovi limiti di tutela della proprietà intellettuale non limitandosi più a monitorare il solo mondo fisico, ma anche quello digitale per mantenersi sempre al passo con i cambiamenti della tecnologia che inevitabilmente sta influenzando l’evoluzione delle norme del settore della proprietà intellettuale.

Il successo commerciale di un articolo di moda non comporta automaticamente il riconoscimento della protezione del diritto d'autore (in assenza di prove di creatività e valore artistico)

La tutela legale delle creazioni degli stilisti conta diversi mezzi: dalla concorrenza sleale alla tutela del design, ai marchi di forma, alla tutela offerta dalla legge sul diritto d'autore (L. n. 633/1941): questi strumenti offrono diversi tipi di protezione e possono essere utilizzati solo se vengono soddisfatti specifici requisiti, che devono sempre essere provati.

È comune in questo campo vedere i marchi di moda che cercano di "vestire" i loro prodotti con una varietà di titoli di proprietà intellettuale, registrandoli, per esempio, come marchi di forma o come disegno industriale, al fine di aumentare il livello di protezione contro possibili imitazioni.

Tuttavia, sebbene la protezione mediante registrazione dei diritti di proprietà intellettuale nel settore della moda sia particolarmente diffusa, la natura temporanea dei diritti conferiti dalla registrazione può costituire un ostacolo alla tutelabilità di capi o accessori quando il loro successo commerciale è particolarmente duraturo: in questi casi, per poter accedere ad una protezione estesa nel tempo e che vada oltre le formalità richieste per la registrazione, è necessario dimostrare non solo il particolare gradimento del pubblico, ma anche la creatività e il valore artistico del prodotto per puntare alla tutela del diritto d'autore.

Un caso emblematico della possibile coesistenza di più livelli di protezione per gli articoli di moda e delle difficoltà legate alla prova della creatività e del valore artistico di un prodotto che aspira ad essere considerato copyright è quello recentemente trattato dal Tribunale di Milano.

Il caso riguardava la commercializzazione di borse che imitavano la famosa borsa "Le Pliage" di Longchamp, protetta da due registrazioni di marchio tridimensionale dell'Unione Europea che ne rivendicava la peculiare forma trapezoidale, e caratterizzata anche dalla combinazione di ulteriori elementi originali, quali la patta arrotondata, i manici tubolari e il contrasto di colore e materiali tra gli elementi in nylon e quelli in pelle.

L'attore sosteneva che il modello di borsa "Le Pliage" è stato creato nel 1993 ed è stato ancora commercializzato in tutto il mondo attraverso più di 1.500 punti vendita e anche online e chiedeva la tutela contro le imitazioni, invocando non solo la protezione prevista sulla base di registrazioni di marchi tridimensionali (ex artt. 2 e 20 C.P.I. e art.9 Reg. UE n. 2017/1001), ma anche la violazione dei diritti dell'autore e dei principi a tutela della concorrenza leale sul mercato (art. 2598 c.c.).

Il Tribunale ha innanzitutto riconosciuto la violazione dei marchi europei tridimensionali dell'attrice nella misura in cui è stata accertata non solo la loro capacità distintiva dovuta alle modalità di utilizzo e presentazione del marchio stesso e alle informazioni e suggestioni veicolate attraverso la pubblicità e la percezione che la forma determina sul pubblico dei consumatori, ma anche l'assunzione, da parte delle borse imitative, di tutti gli elementi distintivi del modello "Le Pliage".

Per quanto riguarda l'invocata tutela del diritto d'autore, facendo riferimento alla propria giurisprudenza sul punto, la sentenza ha stabilito che non era possibile individuare nel caso di specie l'effettiva esistenza del carattere artistico necessario affinché la forma della borsa potesse godere di tale tutela.

I giudici hanno rilevato che, a parte l'innegabile successo commerciale ottenuto sul mercato, l'attore non aveva allegato gli elementi che avrebbero dovuto confermare la presenza di un valore artistico nella creazione dell'aspetto esterno del modello di borsa in questione.

In altre parole, non vi era alcuna prova dei requisiti di creatività e valore artistico che presuppongono l'applicabilità dell'art. 2.10 della legge sul diritto d'autore.

Come è noto, il valore artistico può essere desunto da una serie di parametri oggettivi, quali il riconoscimento da parte di ambienti culturali ed istituzionali dell'esistenza di qualità estetiche ed artistiche, l'esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l'assegnazione di premi, l'acquisizione di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato alla sola funzionalità o la creazione da parte di un artista noto e, in assenza di prova, non è possibile accedere alla tutela prevista dalla legge sul diritto d'autore.

Stampa 3D e moda. Uno sguardo alle tematiche proprietà intellettuale.

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La tecnologia 3D e le opportunità offerte dall’introduzione delle stampanti 3D stanno sconvolgendo gli schemi standard di fornitura e produzione delle industrie tradizionali come la sanità, l'arte e persino il settore alimentare.

La combinazione dei progressi della tecnologia di stampa, i sempre più potenti personal computer, l’incremento del commercio online, e la domanda crescente sul mercato di oggetti stampati in 3D ha portato alla recente esplosione della tecnologia si stampa 3D.

Con il divenire sempre più accessibile delle stampanti 3D, siti web e piattaforma online che consentono la condivisione di file CAD, sono diventati sempre più popolari, in quanto danno la possibilità di condividere applicazioni con le quali il consumatore può produrre direttamente un oggetto a partire da un file sorgente.

Le opportunità offerte dalla stampa 3D e la possibilità di creare oggetti ha un forte impatto anche sul mondo della moda, che vede sempre più consumatori apprezzare alcuni prodotti stampati proprio in 3D.

Tuttavia, l'industria del "fai da te" sta anche sollevando molti interrogativi sugli effetti e sulla legittimità di questa nuova procedura di produzione e sono sorti diversi problemi legali in settori guidati dal diritto di proprietà intellettuale come quello della moda.

I. Cos'è la stampa 3D?

La stampa 3D è un processo che consiste nel realizzare oggetti solidi tridimensionali a partire da un file digitale, posizionando strati successivi di materiale fino a creare l'intero oggetto. Ognuno di questi strati può essere visto come una sezione trasversale orizzontale sottile dell'oggetto finale. Per creare un prodotto attraverso una stampante 3D, gli utenti realizzano un disegno virtuale dell'oggetto che vogliono stampare o creare, e poi preparano un file digitale in un programma compatibile adatto alla stampa (di solito un file CAD). Gli utenti possono creare file CAD nel momento in cui il file viene caricato nella stampante 3D, e poi questa crea l'oggetto strato per strato.

II.          Stampa 3D e moda

I perfezionamenti della tecnologia 3D ne hanno aumentato l'applicabilità nel settore della moda che ha iniziato a sperimentare la stampa 3D. Recentemente, il produttore di calzature multinazionale New Balance ha avviato una collaborazione con Formlabs per la produzione di una sneaker con l'avampiede stampato in 3D aggiornato. Continuum, con sede a San Francisco, è un'azienda di abbigliamento che permette ai clienti di progettare bikini stampati in 3D (così come altri prodotti) inserendo le loro forme e misure del corpo.  Adidas, il gigante delle calzature, ha collaborato con una società chiamata Carbon per realizzare la sua prima intersuola stampata in 3D prodotta in serie. Carbon è specializzata nella stampa 3D in resina e Adidas ha tonnellate di esperienza nella produzione di scarpe sportive e da corsa.

I consumatori saranno presto in grado di produrre i propri capi d'abbigliamento a casa. È una novità? Non necessariamente, se si considera che prima dell'introduzione del prêt-à-porter, alcuni capi di abbigliamento su misura non venivano necessariamente prodotti dai sarti, ma anche a casa dai familiari dei conusmatori. Tuttavia questo innovativo sistema di produzione sta spostando le capacità dei designer dalla cucitura alla programmazione del software.

Infatti noti istituti di moda e scuole di design di tutto il mondo hanno stampanti 3D nei loro campus. Offrono anche corsi nel campo della moda stampata in 3D. Questi istituti di apprendimento forniscono agli studenti l'accesso alle tecnologie di scansione del corpo e alle tecnologie indossabili. Ci sono buone probabilità che alcuni di questi studenti, con l'esposizione alle nuove tecnologie, finiscano per lanciare prodotti di moda stampati in 3D che accelereranno il mainstreaming di questo concetto e lasceranno le loro macchine da cucire in un armadio.

Inoltre, la moda stampata in 3D comporta la trasformazione di materiale flessibile in abbigliamento. Gli abiti stampati in 3D possono essere potenzialmente tanto rivoluzionari quanto la macchina da cucire lo era quasi duecento anni fa.

Quando la stampa 3D è stata utilizzata per la prima volta nella moda, il processo era piuttosto lento. Uno dei primi tentativi di realizzare un capo di abbigliamento stampato in 3D ha richiesto sette giorni interi con la stampante in funzione 24 ore al giorno. Inoltre, le stampanti 3D di quei tempi non offrivano materiale di stampa flessibile. Tuttavia, la tecnologia è migliorata. Non ci vogliono più 7 giorni e sono disponibili anche materiali di stampa flessibili. Il materiale flessibile è noto come TPU 92A-1 e può essere lavato e stirato come un normale panno. Il FilaFlex è un altro materiale flessibile usato per fare vestiti stampati in 3D.

La maggior parte degli indumenti stampati in 3D è stampata utilizzando il processo di sinterizzazione selettiva al laser. Questo metodo di stampa 3D offre la possibilità di realizzare disegni intricati e di ottenere un alto livello di dettaglio che è un requisito richiesto dalla moda e dall'abbigliamento.

La tecnologia 3D permetterà ai giovani designer di presentare i loro prodotti al mondo. Tali designer hanno diverse sfide, tra cui la necessità di affrontare lunghi tempi di consegna e ordini minimi. Con la tecnologia 3D, i designer emergenti possono semplicemente stampare gli ordini man mano che vengono effettuati, piuttosto che dover scroccare per ottenere finanziamenti sufficienti per gli ordini minimi e rimanere bloccati con le scorte invendute. Se non altro, la stampa 3D consentirà loro di creare un campione in modo rapido ed economico. La tecnologia offre inoltre a questi progettisti l'opportunità di testare il mercato su piccola scala stampando quantità limitate del loro prodotto per determinare se il loro articolo è accettabile per il mercato.

L'impatto della stampa 3D sul sistema della moda presenta diverse implicazioni peculiari tipiche di questo settore. Questi problemi vanno dalla proprietà intellettuale alla distribuzione e alla sostenibilità.

a) Questioni relative alla proprietà intellettuale

La stampa 3D è una tecnologia digitale emergente che, nonostante il suo impatto positivo sull'industria della moda, può perturbare alcune aree del diritto di proprietà intellettuale.

In generale, l'autenticità è anche un potenziale problema che potrebbe interessare i consumatori. Come può una persona sapere con certezza che il design che sta acquistando è effettivamente il lavoro del designer che viene pubblicizzato

Inoltre, la possibilità di creare, riprodurre, modificare, copiare, trasferire, condividere, pubblicare e scaricare rapidamente file CAD per la stampa 3D ha creato complessi problemi di proprietà intellettuale, soprattutto perché il costo delle stampanti 3D diminuisce.

Poiché il processo di produzione è reso più semplice con la stampa 3D, le stampanti 3D minacciano la proprietà intellettuale delle opere/prodotti realizzati da persone/progettisti, poiché i beni contraffatti possono essere prodotti da privati nelle loro case. In effetti, la tecnologia di stampa 3D, è probabile che crei effetti economici negativi sui titolari dei diritti di proprietà intellettuale e sui loro modelli di business basati proprio su quest’ultima.

La situazione non è ancora particolarmente visibile, ma man mano che la tecnologia migliora e i prezzi delle attrezzature e dei materiali di consumo diminuiscono, la stampa 3D può diventare un fenomeno di massa.

La stampa 3D potenzierà il numero di casi di violazione e si sovrapporrà ad altri DPI, mentre le eccezioni, l'invalidità e l'esaurimento saranno probabilmente difese generali contro la violazione.

Questa sezione analizzerà l'effetto della stampa 3D su tre principali beni di proprietà intellettuale: Marchi, modelli e copyright. 

1) Marchi

Un marchio è un tipo di proprietà intellettuale che consiste in un segno, un disegno o un'espressione riconoscibile che identifica prodotti o servizi di una particolare fonte con quelli di altri. Per alcuni autori, il diritto dei marchi è la forma di protezione più importante per le mode e gli accessori, essendo i dispositivi di comunicazione più efficaci[i].

In generale, un marchio identifica il proprietario del marchio e previene la confusione tra i consumatori. Inutile dire che l'industria della moda utilizza vari tipi di marchi. Tradizionalmente la moda ha usato i marchi denominativi per identificare i prodotti dei produttori del settore, dove è comune trovare sia nomi personali che nomi di fantasia.

L'evoluzione dei segni distintivi negli ultimi decenni ha portato a una varietà di identificatori di provenienza diversi dai segni tradizionali (ad esempio, marchi denominativi e marchi stilizzati). Di conseguenza, il legislatore in tutta l'Unione Europea e in tutto il mondo ha ampliato la possibilità di registrare come marchi oggetti, azioni, eventi e modelli, tra gli altri.

Si scopre quindi che l'industria della moda deposita comunemente per la protezione dei marchi di modelli (che possono essere rappresentati da un'immagine che mostra il modello e come viene ripetuto) e posiziona i marchi (che consistono in una specifica collocazione di un marchio su un prodotto). Tuttavia, dove la stampa 3D sembra avere un impatto più profondo, è sui marchi tridimensionali, che sono segni costituiti dalla forma del prodotto.

Tuttavia, molte giurisdizioni (come l'UE) impongono alcune limitazioni alla registrazione dei marchi di forma. Secondo l'articolo 4, paragrafo 1, lettera e), della direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, i segni che consistono esclusivamente in marchi: i) la forma, o un'altra caratteristica, che deriva dalla natura dei prodotti stessi; ii) la forma, o un'altra caratteristica, dei prodotti necessaria per ottenere un risultato tecnico; e iii) la forma, o un'altra caratteristica, che conferisce un valore sostanziale ai prodotti, non devono essere registrati. Ciò significa che la forma funzionale non può essere registrata come marchio ai sensi del diritto comunitario.

Poiché le stampanti 3D servono principalmente a scopi funzionali, sembra che la protezione richiesta dagli stilisti di moda con un marchio tridimensionale dell'Unione Europea porrebbe seri ostacoli all'ottenimento della registrazione della forma di un prodotto fabbricato con una stampante 3D. Dobbiamo ricordare che recentemente Nestle ha perso una causa davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) per la registrazione della forma a quattro dita del suo Kit Kat perché la forma era funzionale e non distintiva.  Allo stesso modo, la forma tridimensionale del mattone rosso a otto punte di Lego non poteva essere registrata come marchio, perché la forma del mattone è necessaria per ottenere un risultato tecnico.

Poiché molte delle stampe 3D saranno forme funzionali, queste sono escluse dalla registrazione del marchio, ma in quella minoranza di casi in cui un'impronta 3D è distintiva ma non ha uno scopo funzionale, può essere registrabile.

Tuttavia il marchio tridimensionale trova un altro ostacolo quando la registrazione viene richiesta per prodotti di moda.  Per essere registrato come marchio tridimensionale, anche la forma non deve avere alcuno scopo estetico o funzionale. In tal caso, la possibilità di proteggere un prodotto fabbricato con una stampante 3D ai sensi del diritto dei marchi si riduce drasticamente e il designer dovrebbe quindi chiedere la protezione attraverso un brevetto di invenzione industriale, un modello di utilità o la registrazione di modelli.

Per quanto riguarda i marchi, un'ultima nota è obbligatoria quando si guarda dalla prospettiva di un produttore "fai da te" che crea prodotti con una stampante 3D. Aghi per dire che il produttore di stampa 3D in genere non ha il diritto di utilizzare il marchio di proprietà di terzi sul prodotto realizzato con una stampante 3D. Tuttavia, egli potrà sempre rivendicare le difese generali contro la violazione del marchio. Secondo il diritto dell'UE, queste sono generalmente difese "difensive" come l'esaurimento, l'uso corretto, l'assenza di un uso genuino e l'acquiescenza, oltre alle difese di "contrattacco" come l'invalidità e la revoca.

2) Disegni e modelli

Un disegno o modello è definito come "l'aspetto dell'insieme o di una parte di un prodotto risultante dalle caratteristiche, in particolare, delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della consistenza e/o dei materiali del prodotto stesso e/o del suo ornamento".

I disegni e modelli possono essere protetti se:

  •  sono nuovi ossia se non è stato reso disponibile al pubblico alcun disegno o modello identico o che differisce solo per dettagli immateriali;

  • hanno carattere individuale, cioè l'"utilizzatore informato" troverebbe l'impressione generale diversa da altri disegni e modelli disponibili al pubblico. Quando un disegno o modello fa parte di un prodotto più complesso, la novità e il carattere individuale del disegno o modello sono giudicati sulla parte del disegno o modello visibile durante il normale uso.

I disegni o modelli comunitari registrati e non registrati sono disponibili ai sensi del Regolamento UE 6/2002, che prevede un diritto unitario che copre l'Unione Europea. La protezione di un disegno o modello comunitario registrato ha una durata massima di 25 anni, soggetta al pagamento di tasse di rinnovo ogni cinque anni. Il disegno o modello comunitario non registrato dura tre anni dopo che il disegno o modello è stato reso disponibile al pubblico e la violazione si verifica solo se il disegno o modello protetto è stato copiato.

Pertanto, la legge sul disegno o modello comunitario protegge semplicemente l'aspetto dei prodotti come definito dalle loro "caratteristiche" specifiche. Queste caratteristiche possono essere il risultato di un "ornamento" applicato a un prodotto (cioè un'immagine bidimensionale - 2D - o il prodotto stesso (un modello - 3D).

Oltre ai disegni e modelli comunitari, ogni Stato membro ha adottato una legislazione per proteggere disegni e modelli a livello nazionale.

Va notato che, ai sensi del regolamento sui disegni e modelli, l'esclusività concessa ha alcune limitazioni. Le limitazioni più rilevanti si trovano nell'articolo 20 del regolamento sui disegni e modelli, che sono: a) atti compiuti in ambito privato e a fini non commerciali; b) atti compiuti a fini sperimentali; e c) atti di riproduzione a scopo di citazione o di insegnamento, purché tali atti siano compatibili con la prassi del commercio equo e solidale e non pregiudichino indebitamente il normale sfruttamento del disegno o modello e sia fatta menzione della fonte.

Per quanto riguarda l'industria della moda, un caso notevole secondo la giurisprudenza olandese è la decisione di Nadia Plesner del Tribunale dell'Aia.

Qui il tribunale ha bilanciato il diritto fondamentale di Louis Vuitton di godere pacificamente del suo diritto di proprietà (cioè il diritto al design) con la libertà artistica. La corte ha stabilito che un artista poteva utilizzare il disegno di una tela multicolore di LV applicata a una delle sue costose borse come parte di un disegno chiamato Simple Living, dove la borsa di LV veniva portata da un bambino africano malnutrito (insieme a un "cane Paris Hilton-dog"). Per lo stesso motivo, anche l'uso dello stesso disegno del motivo su una maglietta era consentito. L'artista ha spiegato che la borsa è stata usata come simbolo e come parte di un tentativo di attirare l'attenzione su quella che, a suo avviso, era una problematica differenza di attenzione verso le celebrità e la carestia che si stava verificando in Darfur.

 

In questo quadro, gli utenti della stampa 3D per scopi artistici, politici o satirici o per altri scopi privati e anche per i pezzi di ricambio, troveranno una certa libertà di espressione al di là della struttura limitata della normativa europea sul design.

3) Copyright

In generale, sappiamo tutti che il diritto d'autore protegge l'originalità di un'opera e il diritto del creatore di riprodurla. Ciò significa che se le copie di un oggetto originale vengono stampate in 3D senza autorizzazione, il creatore può ottenere un sollievo ai sensi della legge sul diritto d'autore.

Come abbiamo detto, chiunque abbia accesso a una stampante 3D (a casa o in una tipografia locale) è in grado di produrre un prodotto tangibile e utilizzabile a partire da file di progettazione digitale (di solito file CAD). I file CAD sono tipicamente protetti dalla legge sul diritto d'autore e, per molte aziende, rappresentano un bene di proprietà intellettuale di grande valore.

D'altra parte, nonostante la sua attuale e futura importanza potenziale per l'economia, in alcune giurisdizioni la moda può ottenere lo stesso livello di protezione del copyright di altre industrie creative.

Questo tipo di protezione è ricercata dalle case di moda per estendere i diritti di proprietà intellettuale ai prodotti protetti dal regolamento sul design (che di solito dura fino a 25 anni) a un periodo di tempo solitamente pari a 70 anni dopo la morte dell'autore.

Un produttore di moda che crea prodotti con un con una stampante 3D deve sempre tenere presente che la creazione di un prodotto di moda con una stampante 2D può portare a una violazione del copyright in due fasi: il file del software e gli elementi artistici e creativi del prodotto di moda.

 

b) Catena di fornitura e distribuzione.

La produzione tradizionale si basa sulla premessa di una produzione identica e ad alto volume. Tuttavia, tali strutture si stanno rivelando sempre più insufficienti di fronte alla crescente domanda di personalizzazione, ai tempi di consegna più rapidi e alle catene di fornitura più efficienti.  L'approccio tradizionale alla produzione vede la provenienza delle materie prime e la fabbricazione dei prodotti in grandi fabbriche centralizzate. Dopo la produzione, i prodotti vengono spediti al consumatore.

La stampa 3D introduce il concetto di "produzione distribuita", che prevede una rete digitale di siti di produzione decentralizzati, distribuiti in più sedi e collegati da tecnologia digitale. Guidata dalla connettività digitale, la produzione distribuita permette ai produttori di semplificare e ridurre al minimo le loro catene di fornitura di materiali attraverso piattaforme digitali online e la condivisione dei dati. La produzione distribuita potrebbe anche comportare la produzione di parti in diverse località prima di essere assemblate in una sede centrale.

La produzione distribuita può rendere le catene di fornitura più efficienti.

Essa può ridurre le scorte, la logistica e i costi di produzione in diversi modi. Poiché le merci vengono prodotte vicino o nel punto di necessità, la produzione può avvicinarsi/riguardare da vicino/ direttamente il consumatore.

Questo non solo elimina le costose spese logistiche, ma permette anche alle aziende di produrre merci vicine ai rispettivi mercati. Inoltre, immagazzinando un inventario digitale al posto dei magazzini di scorte fisiche, le aziende possono anche ridurre significativamente i costi di inventario. Per quanto riguarda l'industria della moda, una migliore gestione dell'inventario e delle scorte permette importanti risparmi e riduce lo spreco di collezioni e prodotti invenduti. 

Con la crescente domanda di prodotti personalizzati, i produttori devono trovare sempre più spesso il modo di adattare le loro merci alle esigenze specifiche dei loro clienti. Tradizionalmente, avere un unico articolo personalizzato progettato, prodotto e consegnato significherebbe lunghi tempi di attesa e costi più elevati per il consumatore. Tuttavia, la produzione distribuita, con la sua produzione decentralizzata e "ridimensionata", offre una maggiore flessibilità e agilità per produrre prodotti personalizzati, aggiungendo valore a un prezzo paragonabile a quello dei prodotti di massa. Un buon esempio è Adidas: il colosso dell'abbigliamento sportivo ha recentemente aperto quelle che chiama "fabbriche Speedfactories" in Germania e negli Stati Uniti. Queste fabbriche completamente automatizzate sono state create per produrre rapidamente piccoli lotti di scarpe da ginnastica personalizzate, e secondo Adidas, l'azienda è in grado di portare sul mercato il suo abbigliamento sportivo tre volte più velocemente che con la produzione tradizionale. Mentre la maggior parte delle scarpe Adidas sono prodotte in Asia, la costruzione delle sue fabbriche Speedfactories più vicine ai consumatori sia nel mercato americano che in quello europeo ha portato ad una spedizione molto più veloce e, quindi, ad una migliore esperienza del cliente.

La produzione distribuita offre l'opportunità di ripensare le catene di fornitura tradizionali. Le materie prime potrebbero essere spedite in località distribuite invece che in una struttura centralizzata, offrendo una maggiore flessibilità, ad esempio. Un'altra opportunità è quella di spostare le spedizioni più vicino al cliente finale, il che avrebbe un impatto sia sui produttori che sulle compagnie di spedizione, che potrebbero passare a un servizio di produzione "on-demand" invece che allo stoccaggio di scorte fisiche. 

Infine, la stampa 3D permetterà alle aziende e ai marchi di creare, in tempo reale, articoli ottimizzati e personalizzati dal consumatore.

Auto, Sneakers e Social Media: Ferrari vs. Philipp Plein.

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L’origine della causa tra il cavallino di Maranello e Philipp Plein risale allo scorso agosto a seguito di alcuni post (foto e video) pubblicati dallo stilista tedesco sul suo profilo Instagram ufficiale.

Le immagini oggetto della controversia sono alcune foto pubblicate da Philipp Plein che mostrano una delle sue Ferrari con un paio di sneakers (modello Moneybeast della collezione 2019 in vendita a circa 5000€) appoggiate sul cofano dell’auto.

Solo pochi giorni dopo la pubblicazione dei post, gli avvocati di Ferrari diffidano Plein invitandolo a rimuovere entro 48 ore i suddetti contenuti per illecito utilizzo del marchio Ferrari.

Ferrari accusa dunque Philipp Plein di aver sfruttato la notorietà del proprio marchio per fare pubblicità ai suoi prodotti e di confondere il consumatore portandolo a presumere l’esistenza di una partnership tra Ferrari e il brand di Plein in relazione a quello specifico modello di scarpe.

La casa di Maranello riteneva inoltre che i post pubblicati da Plein tramite il suo profilo social fossero offesivi, “strumentalizzassero” il corpo femminile e pertanto non fossero in linea con i valori condivisi da Ferrari che non intendeva essere associata alla divulgazione di quel tipo di contenuto.

In risposta Plein si è rivolto direttamente al CEO di Ferrari dichiarandosi un cliente insoddisfatto e di non voler procedere alla rimozione dei post in questione.

Sulla vicenda è stato chiamato a pronunciarsi il Tribunale di Milano che a giugno 2020 ha condannato Philipp Plein alla rimozione di tutti i post in cui era stato illegittimamente raffigurato il marchio Ferrari e al pagamento di 300.000€ a titolo di risarcimento del danno.

Ogni utente per fare un uso consapevole dei social network non può prescindere dalla consapevolezza che un post pubblicato online potrebbe costituire una violazione dei diritti di proprietà intellettuale di terze parti.

Questa consapevolezza dovrebbe essere propria dell’utente “comune” ma dovrebbe essere maggiore per gli influencer e per coloro che godono di popolarità online e sarebbero tenuti a prestare estrema attenzione nel pubblicare contenuti che raffigurano segni distintivi senza l’espressa autorizzazione del titolare.

Il profilo Instagram di Philipp Plein conta più di 2 Milioni di followers e pertanto i post in violazione del marchio Ferrari hanno potenzialmente diffuso il contenuto illecito ad un numero elevatissimo di utenti, non raggiungibile attraverso i media tradizionali.

Ciò che funge da elemento di discrimine per determinare l’illiceità dei contenuti condivisi sui social media raffiguranti segni distintivi altrui senza consenso del titolare, è la finalità commerciale e pubblicitaria per cui viene effettuato il singolo post.

Il Tribunale di Milano ha ritenuto che i post pubblicati su Instagram da Plein avessero finalità commerciale (nonostante fossero sul profilo personale del designer e mostrassero un’auto di sua proprietà) e che vi fosse la volontà di approfittare della notorietà del marchio Ferrari per promuovere il prodotto “Moneybeast” che accostato al cavallino rampante sarebbe apparso più esclusivo e desiderabile.

Dior deposita la domanda di registrazione della borsa Saddle quale marchio tridimensionale.

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A 20 anni dal lancio di un modello oramai divenuto iconico, Dior ha deposiato all’Us Patent and Trademark Office domanda per la registrazione della famosa borsa ‘Saddle’ quale marchio tridimensionale.

La Saddle bag è stata riproposta a partire dalla collezione A/I 2018-19 con l’aggiunta di nuovi dettagli, stampe e materiali all’accessorio che riprende il profilo di una sella.

Si ricorda che il marchio tridimensionale è un segno costituito dalla forma tridimensionale di un prodotto o del suo aspetto ed è disciplinato da una specifica regolamentazione, sia a livello europeo che italiano, che prevede l’esclusione della registrabilità per i segni che:

a)            sono costituiti dalla forma, o altra caratteristica, imposta dalla natura stessa del prodotto;

b)           dalla forma, o altra caratteristica, del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico;

c)            dalla forma, o altra caratteristica, che dà un valore sostanziale al prodotto.

Quanto alla prima limitazione, la ratio di tale norma è quella di voler impedire che un diritto rinnovabile, potenzialmente illimitato nel tempo, come quello del marchio, possa finire con il monopolizzare delle forme che derivano dalla forma naturale del prodotto, o che in ogni caso siano prive di capacità distintiva in quanto coincidenti con una forma standard nell’opinione dei consumatori.

In riferimento al divieto di registrare una forma funzionale, la ratio della norma è quella di tutelare il mercato evitando che un soggetto possa divenire titolare di una privativa perpetua su delle soluzioni tecniche o delle caratteristiche funzionali di un prodotto le quali, al contrario, possono essere tutelate tramite dei brevetti per invenzioni.

Infine, per quanto attiene al divieto di registrare una forma sostanziale, la norma è volta ad impedire la registrazione di una forma che, da sola, sia in grado di determinare la scelta dei consumatori. Tale caratteristica, infatti, rientra nella tutela dei brevetti per modelli privativa che, contrariamente al marchio, è temporalmente limitata.

Sul punto la giurisprudenza ha statuito che il marchio tridimensionale possa essere registrato qualora le forme per le quali si richiede la tutela abbiano una valenza funzionale, o estetica, tale da non configurare un particolare carattere di ornamento o utilità. In un caso, è stata negata la registrazione come marchio tridimensionale in quanto nel medesimo era possibile cogliere l’elemento estetico come preponderante se non addirittura esclusivo e comunque con un rilievo tale da determinare la scelta del consumatore.

Qualora Dior volesse estendere la tutela del marchio tridimensionale, anche a livello comunitario, molto probabilmente sarà questo terzo requisito lo scoglio più arduo da superare per la maison francese. Del resto vale la pena ricordare che con due sentenze del 2013, il Tribunale dell’Unione Europea negò a Bottega Veneta la registrazione come marchi comunitari tridimensionali di due diverse forme di borsetta, caratterizzate l’una dalla particolare conformazione dei manici e l’altra dall’assenza di dispositivi di chiusura. Nel caso di specie, i giudici ritennero che le forme di cui Bottega Veneta chiedeva la registrazione non assolvevano alla funzione essenziale di un marchio, ovvero quella di indicatore d’origine di un prodotto.

Nike ottiene il primo brevetto per abbinare la Blockchain alle proprie scarpe

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Nike ha ottenuto di recente un brevetto per la creazione di versioni digitali delle sue scarpe da parte dell'USPTO.

Nike riferisce che i suoi clienti potranno ora registrare l'acquisto delle loro scarpe con un numero di identificazione unico. Una versione digitale equivalente della scarpa sarà creata attraverso un portafoglio di valuta criptata collegato con l'ID univoco dell'utente. e la Blockchain aiuterà gli utenti a verificare l'autenticità delle scarpe che i clienti stanno acquistando.

La versione digitale delle scarpe conterrà un gettone crittografico basato sulla piattaforma Ethereum. Inoltre, avrà anche informazioni sulle caratteristiche fisiche del prodotto, tra cui il colore, il materiale utilizzato, i dettagli di produzione e il loro fattore di "ecosostenibilità".

La registrazione del prodotto su blockchain permetterebbe agli utenti di "vendere o scambiare in modo sicuro" la forma tangibile delle scarpe. Si noti che i "diritti" sulle scarpe da ginnastica possono essere conservati in un portafoglio digitale insieme alla criptovaluta. Inoltre, con l'aiuto dei media digitali, Nike sarà in grado di controllare i volumi di vendita di CryptoKicks. L'azienda non ha ancora annunciato la data di lancio.

Vogue cita in giudizia Black Vogue

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Vogue Magazine (Advance Publications Parent company di Condé Nast USA) ha recentemente citato in tribunale il brand Black Vogue per contraffazione di marchio. Advance Publications, si è rivolta al tribunale federale di New York per dare il via a una causa contro la stilista Nareasha Willis di aver riportato su alcuni dei capi da lei messi in vendita il marchio “Black Vogue” senza autorizzazione. Secondo Advance Publications, infatti, la Willis starebbe utilizzando un marchio (Black Vogue) facilmente confondibile, per nome e per grafica, con il più celebre “Vogue” di Condé Nast, rischiando così di creare un collegamento, nella realtà inesistente, tra le due realtà.

Negli scorsi mesi, la Willis avrebbe già provato a registrare il marchio, ricevendo però un rifiuto da parte dell’Us Patent and Trademark Office, in quanto confondibile con i marchi Vogue già registrati da Advance Publications.

Il punto dopo il primo round della battaglia legale Diesel/Zara.

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Otb il gruppo fondato da Renzo Rosso che raggruppa marchi come Diesel, Maison Margiela e  Marni ha recentemente vinto un giudizio avanti al tribunale di Milano contro il gruppo Inditex che controlla il noto marchio Zara. L'azienda fondata da Renzo Rosso ha visto accogliere dal Tribunale di Milano le proprie argomentazioni sostenute nella causa avviata nel 2015 contro la società spagnola, accusata di aver riprodotto con il marchio Zara dei jeans prodotti da di Diesel e dei sandali ideati da Marni.

Nonostante il gruppo iberico sostenesse l'esistenza di differenze sostanziali tra i propri prodotti e quelli di Otb, rivendicando l'impossibilità da parte della Corte di costringere a un risarcimento dei danni in quanto azienda straniera priva di sede in Italia, i giudici hanno decretato la violazione del design registrato del modello di jeans Skinzee-sp e del design non registrato delle calzature Fussbett.

Non è la prima volta che il gruppo iberico si trova coinvolto in simili accuse. Poco più di un anno fa il label danese “Rains” specializzata in e abbigliamento da pioggia ha intentato una causa a Inditex. avanti la Corte del Commercio danese per violazione dei design e concorrenza sleale chiedendo l’immediata cessazione delle vendite di un modello asseritamente contraffatto ed il risarcimento dei danni per la perdita dei corrispondenti profitti.